mercoledì 3 agosto 2011

storia: scheda sui capp. 10-11

Ed eccoci finalmente a Storia.
In attesa della scheda sul Basso Medioevo - che sto scrivendo -, vi riposto, in caso l'abbiate smarrita, la scheda sui capp. 10-11 che dovete ripassare.

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SCHEDA SUI CAPITOLI 10 E 11


1. CARLO MAGNO E IL FEUDALESIMO
• Consacrato imperatore a Roma nell’800 dal papa Leone III, Carlo Magno (742-814) si trovò nella situazione di dover organizzare l’enorme territorio sotto il suo potere, dando avvio al sistema feudale.
• Le popolazioni barbariche, a differenza ad esempio della società romana, non avevano un’idea forte di Stato, dove fossero importanti l’autorità centrale, rappresentata dagli organi del potere (come la figura dell’Imperatore o il Senato a Roma) e dalle leggi scritte. Le società barbariche si basavano infatti sulle tribù e sui clan, che solo in casi eccezionali eleggevano un’ordalia e si riconoscevano in un capo unico (come Attila nel caso degli Unni). In altre parole, i poteri locali erano più importanti del potere centrale di un sovrano.
In particolare, nella società franca la struttura base era quella della famiglia, da intendersi in senso più ampio rispetto a come la consideriamo noi: essa comprendeva anche i parenti, i servi e gli schiavi. Era comandata dal capofamiglia, vero e proprio signore (dominus) che esercitava un potere assoluto (mundio) verso gli altri, a lui sottoposti e detti vassalli.
• Prendendo spunto da questa conformazione della società franca, Carlo Magno
a) si proclamò signore assoluto al di sopra delle varie famiglie;
b) proclamò, attraverso una cerimonia di investitura, ogni capofamiglia suo vassallo, cedendogli in dono un vasto territorio (feudo); il vassallo, in cambio, doveva offrirgli fedeltà assoluta e un certo numero di cavalieri.

2. CARATTERISTICHE DEL SISTEMA FEUDALE SOTTO CARLO MAGNO
• La struttura feudale è a piramide: in cima c’è l’imperatore, poi a un gradino inferiore i vassalli, dopodiché i valvassori, che erano guerrieri a cui i vassalli affidavano una parte del loro feudo (una sorta di sottofeudo).
• Carlo Magno accorpò i feudi in alcune centinaia di circoscrizioni dette contee e affidate ai conti (dal latino comites, ‘compagni’: erano i feudatari a lui più legati). I feudi posti al confine del Sacro Romano Impero furono rinforzati militarmente, chiamati marche (dal tedesco Mark, ‘confine’) e affidati ai marchesi.
• Carlo Magno controllava contee, marche e feudi attraverso i missi dominici (‘messaggeri del signore’, cioè del sovrano), che percorrevano incessantemente il territorio dell’Impero effettuando ispezioni e controlli. Anche i vescovi esercitavano un’attività di controllo, che Carlo Magno affiancò ai conti nell’amministrazione delle contee.
• Carlo Magno stabilì anche che i feudi non erano ereditari: alla morte del feudatario, il territorio sarebbe tornato al sovrano, che avrebbe poi deciso a chi donarlo. Questa decisione dipende dal fatto che Carlo Magno non si fidava sino in fondo dei feudatari e sapeva che se il feudo fosse passato di padre in figlio, si sarebbero creati dei poteri familiari centrifughi pericolosi per il potere centrale del sovrano.

3. IL SACRO ROMANO IMPERO SI SFALDA
• La prima causa dello sfaldamento del Sacro Romano Impero dipende da questioni legate all’eredità del titolo di imperatore. Quando nell’814 Carlo Magno morì, salì al potere Ludovico il Pio (778-840) che governò dall’814 fino all’840 tenendo unito il Sacro Romano Impero. La situazione cambiò alla sua morte, in quanto egli aveva quattro figli maschi e la società franca era regolata dalla Legge Salica emanata già intorno al 510 dal primo re Clodoveo, che affermava che l’eredità del padre andava divisa fra tutti i figli maschi. Non esisteva ancora, cioè, la norma del maggiorascato, secondo la quale l’eredità va al figlio maggiore.
Prevedendo i conflitti che si sarebbero aperti alla sua morte, Ludovico il Pio si preoccupò di trovare un compromesso che garantisse la sopravvivenza del Sacro Romano Impero. Per questo decise di affidare a ogni figlio un regno all’interno dell’impero e di nominare imperatore il primogenito Lotario. Alla sua morte, però, anche gli altri tre figli rivendicarono il diritto a essere imperatore e ciò fu la causa di un’aspra guerra tra i quattro fratelli, appoggiati dai rispettivi vassalli, che devastò i territori dell’Impero.
Morto uno dei quattro fratelli, il conflitto ebbe termine nell’843 con l’Accordo di Verdun (cfr. cartina di p. 128) che stabilì una ripartizione politica che pose fine all’universalità europea dell’Impero carolingio:
1) Lotario ottenne la Lotaringia, una zona tra Francia e Germania, + il Regno d’Italia, territorio che nel suo insieme era ancora chiamato Sacro Romano Impero, ma che di fatto era solo una porzione di quello carolingio;
2) Ludovico il Germanico ottenne il Regno di Germania;
3) Carlo il Calvo ottenne il Regno di Francia.
• La seconda causa dello sfaldamento del Sacro Romano Impero va ricercata nella crisi della piramide del sistema feudale. I figli di Ludovico il Pio si erano dovuti appoggiare ai rispettivi vassalli per combattere la loro guerra fratricida e questo aveva fatto sì che i feudatari acquisissero sempre maggiore potere, finché nell’877, con il Capitolare di Quierzy, fu riconosciuta l’ereditarietà dei feudi.
Si determinò così una frammentazione feudale del potere che di fatto non riconosceva più il potere centrale del sovrano. Altra questione importante: le famiglie dei feudatari stanno alla base dell’aristocrazia europea dei secoli successivi.
• La terza causa dello sfaldamento del Sacro Romano Impero dipende dalla nuova ondata di invasioni che caratterizzano la storia europea tra il IX e il X secolo (per le quali cfr. pp. 130-131 del libro): Ungari e Vichinghi (o Normanni), barbari, e Saraceni, arabi, arrivano in Europa e causano vari sconvolgimenti, tra i quali la cacciata dei Bizantini dal Sud dell’Italia, sostituiti prima dai Saraceni (902-1091) e poi dai Normanni (dal 1091).

4. IL SISTEMA CURTENSE DEL SACRO ROMANO IMPERO
• Sotto Carlo Magno e Ludovico il Pio, prima che le guerre tra gli eredi al trono causassero nuovi danni ai territori, si assistette a una ripresa dell’agricoltura, grazie a una riorganizzazione dei feudi, detta “sistema curtense”, che fa perno sulla corte del feudo, cioè sull’azienda agricola in cui i contadini coltivavano i generi alimentari necessari a nutrire il signore e i suoi guerrieri (e già si intuisce che dei vantaggi di questo sistema non erano certo i contadini che beneficiavano, pur essendo coloro che lavoravano la terra!).
• La corte si divideva in due parti:
1) la parte domìnica: la parte gestita direttamente dal signore che vi faceva lavorare i servi della gleba, cioè i contadini che non potevano allontanarsi dalla terra (‘gleba’) che coltivavano (non per se stessi, quindi, ma per il signore). Di solito questa parte comprendeva, oltre alla residenza del signore, anche le zone più fertili, i boschi, i pascoli nonché le attrezzature agricole più pregiate (il frantoio, il torchio per l’uva, i forni) e i laboratori artigianali (cfr. cartina di p. 122).
2) la parte massarìcia: la parte affidata dai signori ai massari, cioè i contadini liberi, che coltivavano i terreni più esterni del feudo (mansi) in cambio di un affitto in natura e delle corvée, cioè delle mansioni da svolgere tre giorni della settimana per il signore, come aiutare i servi della gleba per la semina, il raccolto o la vendemmia oppure fare lavori di costruzione o manutenzione.
• Ci si rende facilmente conto che si tratta di un sistema economico-sociale iniquo, dove alla fine tutti i contadini, sia i servi della gleba sia i massari, vivono in condizioni di estrema povertà e producono per il signore. Anzi, i massari il più delle volte dovevano svolgere le corvée proprio nei momenti dell’anno in cui più avrebbero dovuto provvedere ai loro campi.
Il signore poi aveva diritto a riscuotere una tassa se il massaro aveva bisogno di usare i suoi strumenti agricoli, oppure aveva diritto alla taglia: poteva recarsi nei mansi e requisire tutto quello che voleva, dai prodotti agli animali, se non anche a un figlio o una figlia del massaro. Tutti questi soprusi erano garantiti dai diritti di banno, che rendevano il signore padrone assoluto delle sue terre e di quanto esse contenevano, esseri umani compresi. Progressivamente, poi, anche i massari furono costretti all’obbligo di residenza perpetua nei loro mansi.
• Si comprende anche che il sistema curtense è l’opposto di un sistema economico basato sul commercio dei prodotti. Principio base è infatti l’autoconsumo: ogni feudo doveva essere autonomo in quanto i contadini, sia i servi della gleba sia i massari, producevano tutto ciò che serviva al nutrimento degli abitanti del feudo. Si può parlare anche di un’economia di sussistenza.

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